SoisyLife
Pubblicato il 18 Luglio 2019
Due volte all’anno noi Soisyani trascorriamo un paio di giorni tutti insieme per conoscerci meglio anche al di fuori del lavoro. Cambiamo sempre il luogo per questo fun(re)treat e quest’anno l’abbiamo fatto a Lisbona. Con l’occasione molti di noi hanno provato a fare surf, uno sport che si è rivelato una metafora molto calzante per descrivere lo sviluppo di un marketplace come il nostro.
Innanzitutto è un esercizio di equilibrio: ti sposti in avanti e la tavola accelera oltre l’onda, il che ti costringe a tornare indietro, solo per scoprire che stai frenando troppo e che devi riportare il peso in avanti. E mentre sei impegnato in questo infinito esercizio di micro-aggiustamento l’ambiente circostante continua a cambiare: l’onda cambia pendenza, una nuova sezione si rompe o magari trova un altro bassofondo e riprende vigore.
Governare il cambiamento di Soisy è analogo. A gennaio gli accordi di partnership con Diadora e Agrieuro ci avevano fatto pensare che avremmo dovuto accelerare soprattutto sulla crescita degli investitori. Ma appena abbiamo cominciato a farlo, abbiamo capito che stavamo sbagliando: la campagna di crowdfunding di fine 2018 ha generato grande interesse per noi e di conseguenza siamo stati sommersi da nuovi investitori e nuovi investimenti, con il risultato che le attese per essere abbinati ai prestiti sono diventate lunghissime.
Abbiamo portato rapidamente focus ed energia dove serviva, ma ci abbiamo messo 4 mesi a riportare in equilibrio il tutto, grazie all’ingresso di un altro grande partner come EF e al continuo aumento del volume di affari degli e-commerce già presenti. Il risultato di questa crescita continua è stato che tra maggio e giugno abbiamo finanziato 1.013 persone, più di tre volte il numero di un anno prima.
Ma non sono solo le priorità di business a cambiare continuamente. Man mano che Soisy cresce cambiano anche le esigenze interne: se all’inizio, quando eravamo in 6 spesso bastava uno sguardo per intendersi, ora che siamo in 17 la complessità del nostro lavoro è cresciuta più che proporzionalmente e abbiamo avuto la necessità per la prima volta di formalizzare un modello organizzativo.
Intendiamoci, non è che finora non avessimo avuto un’organizzazione stabile. Anzi, il nostro modo di lavorare è sempre stato oggetto di grande attenzione e nel tempo abbiamo adottato una serie di pratiche organizzative (remoto, agile, lean) per migliorarlo. Sentivamo però da tempo la necessità di strutturare meglio le nostre relazioni interne.
Ovviamente non potevamo migliorare la situazione secondo il modello delle classiche riorganizzazioni top down che facevamo periodicamente quando lavoravamo in banca.
Bastava l’arrivo di un nuovo responsabile, una pausa nei risultati, un problema apparentemente insolubile e la soluzione identificata era sempre quella: una riorganizzazione degli uffici, delle competenze, delle persone, decisa ovviamente da un numero limitato di manager che spostavano persone negli organigrammi come pedine su una scacchiera.
Per mesi prima del fatidico momento l’intera organizzazione rimaneva con il fiato sospeso in attesa dell’annuncio, interrogandosi su cosa sarebbe successo. Per mesi dopo il cambiamento l’intera organizzazione cercava di adattarsi al nuovo modo di lavorare, capire su quale strano pianeta fosse capitata, imparare un nuovo lavoro. Ma prima ancora che potesse farlo, ecco arrivare una nuova riorganizzazione a porre nuove sfide.
Una delle banche con cui ho lavorato ha impiegato anni a dividere la sua banca universale in una serie di società prodotto: quella dei mutui, quella dei prestiti, quella degli investimenti, eccetera. Poi una volta conclusa quest’opera titanica ha cominciato a fare il contrario e nel giro di qualche anno ha rimesso insieme tutti i pezzi in un’unica grande società.
Quando abbiamo fondato Soisy uno dei nostri obiettivi fondamentali era provare che è possibile fare finanza e creare un ambiente di lavoro sano nel quale le persone siano felici di lavorare, quindi una riorganizzazione in Soisy non avrebbe mai potuto prendere queste caratteristiche.
E infatti il risultato finale non ha niente a che vedere con un’organizzazione tradizionale: niente organigramma, nessun riporto gerarchico (o tanto meno funzionale 😉 ), poche strutture organizzative.
Al loro posto, una decina di dinamiche organizzative che regolano come prendiamo le principali decisioni di Soisy. Ognuna di esse è aperta al contributo di tutti e governata dalle decisioni di un gruppo di decisori, i cui componenti possono cooptare nuovi decisori se ritengono che abbiano le competenze. Niente vieta che i decisori appartengano a più di un gruppo: per esempio Andrea partecipa alla decisioni nelle dinamiche di Governance, Sales&Marketing e Prodotto, ma non alle altre.
Ma come ci siamo arrivati?
Ora, riconosciamo che il risultato del nostro lavoro sia alquanto originale, ed effettivamente non ci saremmo mai arrivati da soli, ma abbiamo avuto il decisivo supporto di Cocoon Projects, un gruppo di persone che ha portato un ottimo mix di esperienza sul campo e eterodossia di pensiero.
Con loro abbiamo cominciato un percorso di riunioni periodiche che è durato 14 mesi. Difficile entrare nel dettaglio di cosa abbiamo fatto in un periodo così lungo, ma direi che a grandi linee possiamo dividerlo in due fasi.
La prima ha avuto l’obiettivo di capire quali fossero le nostre esigenze, con un percorso di 6 mesi cominciato con una 2 giorni di lavoro-gioco Lego Serious Play e che si è concluso con la decisione di costruire un’organizzazione adattiva. Può sembrare strano impiegare tanto tempo per questa decisione, ma la realtà è che quando siamo partiti avevamo solo un’idea vaga dei problemi che stavamo incontrando, e nessuna idea di quale soluzione adottare. Inoltre, volevamo che la soluzione emergesse dal progressivo allineamento di tutto il gruppo di persone che lavorano in Soisy, un processo che richiede tempo.
Nella seconda fase poi ci siamo armati di flipchart, pennarelli e tanti, tanti post-it per disegnare la nostra nuova organizzazione adattiva. Anche questa fase è stata lunga, forse troppo. Probabilmente sarebbe stato meglio lavorare su una parte più piccola dell’organizzazione, implementarla e poi lavorare sul resto. Però in questo modo quando abbiamo deciso di fare sul serio, l’implementazione è stata velocissima.
Soprattutto, il risultato è stato proprio quello che volevamo: un’organizzazione aperta ai contributi di tutti e adattabile con facilità alle mutevoli necessità dell’ambiente in cui ci muoviamo.
Un’organizzazione dove le persone sono ragionevolmente felici di lavorare perché permette di combinare al meglio esigenze di business e passioni individuali.
Un’organizzazione probabilmente poco adatta per una realtà consolidata, ma perfetta per una startup che deve surfare ogni giorno un’onda diversa per poter continuare a crescere.
Se vuoi approfondire come funziona l’organizzazione di Soisy puoi farlo in questo post più di dettaglio.
Se invece ti interessa come siamo arrivati a evolvere Soisy in questa direzione, puoi trovare qui una storia delle novità organizzative che abbiamo progressivamente adottato. Qui invece un approfondimento su come facciamo recruiting e assumiamo le persone in Soisy.
Pietro Cesati – CEO & founder Soisy
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