Perché Soisy non è un posto di lavoro normale. O forse non è proprio un lavoro

 

In Soisy la giornata inizia con un piccolo rito, lo stand up meeting.

 

Un frame da uno standup meeting mattutino in Soisy

 

Ciascuno a turno descrive cosa ha fatto il giorno prima e cosa farà quel giorno, chiede supporto agli altri o evidenzia problemi.

Come suggerisce il nome, andrebbe fatto in piedi per essere sicuri che duri poco. Noi siamo pigri e preferiamo sederci, ma rimaniamo fedeli al vincolo di non farlo durare più di 15 minuti.

 

Apparentemente è un momento di pianificazione e condivisione, ma non riesco a evitare di pensare che sia anche un simbolo di quanto Soisy sia un’organizzazione bizzarra e diversa dalle altre.

 

Innanzitutto, i partecipanti di solito non sono tutti nella stessa stanza.

Le persone decidono ogni giorno dove lavorare: da casa, in ufficio o in qualsiasi altro posto dove ci sia una connessione internet funzionante.

Una facilitazione per permettere a tutti di conciliare al meglio lavoro e esigenze personali.

 

Poi lo stand up è un simbolo dell’autonomia su cui è basato il lavoro di Soisy.

Sono le persone a guidarlo: ognuno descrive le sue attività e difficoltà, poi passa la parola; se qualcuno non è d’accordo con le proposte se ne discute, ma la pianificazione non è calata dall’alto.

E la stessa partecipazione è opzionale: se non voglio o non riesco, posso limitarmi a fare uno stand up scritto nella chat Slack che in Soisy sostituisce le email.

 

Infine, è una dimostrazione di quanto crediamo nell’incertezza e complessità del mondo in cui ci muoviamo.

È infatti il nostro momento di pianificazione di gran lunga più importante. Niente piano industriale o budget annuale, per noi quello che conta veramente è cosa faremo oggi. Al massimo allarghiamo lo sguardo a quello che faremo questa settimana, che analizziamo in una versione settimanale dello stand up che segue la stessa logica.

Il mondo è troppo incerto per cicli di pianificazione lunghi, meglio focalizzarsi su intervalli temporali brevi come il giorno o la settimana.

Tutto questo può sembrare strano o persino assurdo rispetto a come si lavora normalmente in un’azienda, ma è stato fin dall’inizio uno dei tratti distintivi di Soisy.

Talmente distintivo che in questo post vorrei spiegare come lavoriamo e come siamo arrivati a questo modello organizzativo.

Niente prestito tra privati oggi, ma un viaggio all’interno di come funziona Soisy ogni giorno.

 

Soisy: due frustrazioni, due considerazioni

La decisione di fondare Soisy è nata da due frustrazioni, maturate quando lavoravo in banca: la frustrazione di lavorare in un settore incapace di servire bene i suoi clienti e quella ancora più forte di essere in un posto di lavoro che creava infelicità tra i dipendenti.

Fin dalle prime riflessioni mi è venuto quindi naturale elaborare la visione di Soisy sia rispetto ai clienti che alle persone che ci avrebbero lavorato.

 

L’obiettivo era innanzitutto creare un ambiente dove le persone fossero felici di lavorare e potessero espandere al massimo il loro potenziale.

Ma altrettanto importante era la consapevolezza che l’organizzazione aziendale verticistica non funziona più. Era quindi necessario creare un modello organizzativo radicalmente innovativo.

 

Certo, all’epoca di quelle prime idee che annotavo sul cellulare, mai avrei immaginato che Soisy sarebbe diventata un posto di lavoro così fuori dal normale, con persone sparse in cinque regioni diverse, senza manager, dove tutti scelgono ogni giorno quali attività fare e le scrivono su un’unica lavagna virtuale.

 

Il modello organizzativo di Soisy è emerso gradualmente affrontando i problemi che sono emersi mano a mano: come fare ad assumere una persona che (incomprensibilmente) non voleva vivere a Milano, come organizzare il lavoro degli sviluppatori della piattaforma e così via.

Alla base di tutte le scelte che abbiamo fatto e che sono andate via via a comporre il nostro modello ci sono però due considerazioni di fondo. Si tratta di osservazioni empiriche su come funziona l’organizzazione delle aziende. Riguardano la complessità del mondo in cui ci muoviamo e l’importanza dell’autonomia delle persone.

 

Soisy e l’incertezza che domina il mondo

Prima considerazione: una start up come Soisy si muove in un mondo complesso, nel quale le relazioni causa-effetto sono molto difficili da individuare con un semplice lavoro di analisi.

Chi può dire con certezza se un nuovo prodotto incontrerà i bisogni dei clienti?

O quale sarà la campagna di comunicazione più adatta ad attirare la loro attenzione?

 

Il modo migliore per rispondere a domande come queste è fare piccoli esperimenti e modificare il percorso in base ai risultati.

 

Vuoi lanciare un prodotto?

Non ha senso spendere mesi a pianificare e altri a realizzare quando il rischio di non conoscere la reazione del mercato è così alto. Meglio lanciare rapidamente una versione minimale e studiare l’effetto che ha, incorporando nelle versioni successive quello che si impara dalle reazioni dei clienti.

 

Questa visione del mondo come luogo complesso può sembrare frustrante, perché implica un basso livello di controllo sulla realtà che ci circonda.

Secondo me invece è quello che rende la creazione di una start up così interessante: in Soisy diciamo un po’ pomposamente che abbracciamo l’incertezza del mondo e ci organizziamo in modo da trarne il massimo vantaggio.

 

Torniamo per un attimo alla pianificazione delle attività. Quando parlo di Soisy spesso mi viene chiesto quali siano i nostri piani per l’anno prossimo. Non sempre ho il coraggio di dire la verità, cioè che non lo sappiamo.

 

La realtà è che noi pianifichiamo con un orizzonte 1 giorno-1 settimana-1 mese.

Sappiamo bene cosa faremo nella nostra prossima giornata (ad esempio finire questo post), abbiamo una lista flessibile di attività per la prossima settimana e una strategia di alto livello a 1 mese (ad esempio puntare su radio e negozi fisici per la comunicazione). Niente altro.

 

Oltre il mese, non sappiamo cosa faremo. Non intendo dire che non abbiamo nessuna idea, anzi ne abbiamo tantissime e ne generiamo continuamente di nuove. Significa solo che in un mondo dominato dall’incertezza non ha senso pianificare in anticipo quali testare per prime e men che meno su quali investire veramente.

 

Soisy e l’autonomia che guida le persone

Seconda considerazione: per avere successo in un mondo complesso contano molto la voglia di esplorare, la motivazione e la creatività delle persone.

Sono cose che non si possono imporre dall’alto, ma che emergono solo in un ambiente di lavoro pensato per abilitarle.

 

Per noi il fattore chiave è dare la massima autonomia alle persone in modo che possano espandere il proprio potenziale in ogni direzione.

 

Il lavoro si trasforma in un gioco, la ricerca di soluzioni innovative diventa la norma, la motivazione a eccellere è massima perché è generata dal divertimento e dalla voglia di crescere, non dalla presenza di incentivi materiali. Gli effetti sono ancora più forti se è il gruppo stesso ad avere definito la strategia da seguire.

 

Questo modello può essere inquietante per un manager abituato al controllo, perché vuol dire eliminare una buona parte del suo lavoro e anche del potere che ne deriva.

Anche in questo caso noi cerchiamo di rovesciare l’inquietudine in opportunità e abbracciamo l’autonomia delle persone come metodo di organizzazione del lavoro.

 

La descrizione dello stand up con cui ho cominciato questo post è un buon esempio: in Soisy sono le persone a organizzare le proprie giornate.

Non ci sono compiti da eseguire o obiettivi da raggiungere, ma solo una strategia da seguire lavorando al meglio delle proprie possibilità.

 

Un altro esempio è la definizione stessa della strategia. Il punto di partenza è la visione di lungo periodo di Soisy, frutto in buona parte di mie riflessioni.

È però una visione molto ampia e anche un po’ vaga, che può essere realizzata in infiniti modi diversi.

Quale di questi seguire mese per mese viene deciso dal gruppo nel suo insieme.

 

In questo modo oltre alla motivazione aumenta anche la consapevolezza: prendendo parte all’intero processo decisionale, ognuno di noi conosce la direzione in cui stiamo andando e i motivi che ci hanno portato a sceglierla.

Quindi è in una posizione migliore per identificare eventuali problemi e fornire le soluzioni più efficaci.

 

Tutto questo è anche coerente con l’idea di abbracciare l’incertezza: in un mondo complesso, se la strategia è discussa da diverse persone è più probabile generare buone idee e più facile darne una prima validazione. Un punto di contatto affascinante tra le due considerazioni da cui sono partito.

 

Il mio ruolo di fondatore in un’organizzazione partecipativa di questo tipo è soprattutto quello di “custode” della visione di lungo periodo.

Come sarà ormai chiaro, questa visione riguarda tanto l’offerta esterna quanto la struttura interna di Soisy: in pratica mi limito a stabilire i confini all’interno dei quali l’iniziativa del gruppo si può muovere.

 

In questo modo l’80% del mio tempo è dedicato a fare attività e non a controllare il lavoro fatto da altri.

Per il fondatore di un’azienda è una situazione anomala ma estremamente produttiva: sono la persona con maggiore esperienza nel settore in cui operiamo, è sensato sfruttare al massimo questa esperienza per generare idee, occuparmi di comunicazione, supportare gli sviluppatori nella risoluzione di un problema complicato.

 

Ma non voglio ridurre i vantaggi di questo modello al solo incremento di efficienza.

I vantaggi veri li vedo ogni mattina, quando osservo le persone felici durante lo stand up.

Quando Enrico che fa lo sviluppatore propone di fare deploy il venerdì, col rischio di lavorare nel weekend se qualcosa va storto. Quando gli scambi divertiti di battute politicamente scorrette in chat mi fanno riflettere se questo sia solo un posto di lavoro.

 

Un’atmosfera così positiva non è il frutto di un singolo fattore, per quanto potente, ma deriva piuttosto dall’interazione delle diverse scelte organizzative che abbiamo fatto.

 

In questo post ho riassunto le principali, ma ho dovuto forzatamente lasciarne fuori altre.

 

Tornerò su questi temi nei prossimi post, entrando nel dettaglio di cosa significhi davvero abbracciare l’incertezza e abbracciare l’autonomia, passando per un intermezzo sulla nostra organizzazione partecipativa che discende da entrambe.

 

Pietro Cesati – CEO & Founder Soisy

 

 

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