Investire
Pubblicato il 25 Maggio 2016
Nelle ultime settimane il mondo del prestito tra privati è stato investito dalle notizie provenienti dai grandi marketplace di P2P (peer-to-peer) lending degli Stati Uniti, Prosper e LendingClub. Si tratta di due tra i più grandi marketplace al mondo, con prestiti finanziati nel 2015 per circa 12 miliardi di euro (per dare un senso a questo numero enorme basta considerare che in Italia l’intero sistema bancario ha finanziato 52 mld di prestiti personali nello stesso periodo).
Prima è arrivato l’annuncio di Prosper su tagli della propria forza lavoro e pochi giorni dopo quello di LendingClub sulle dimissioni del Ceo e founder Renaud Laplanche per un problema di scarsa trasparenza sia verso il board che sui dati forniti agli investitori.
Riteniamo che prestito tra privati significhi soprattutto trasparenza e non ci tiriamo indietro nel commentare notizie negative come queste.
Sia per Prosper che per LendingClub i problemi derivano dal rallentamento dell’economia statunitense.
Come sempre in caso di incertezza economica, gli investitori hanno cercato di ridurre il rischio dei loro portafogli diminuendo gli investimenti alternativi come il prestito tra privati. Risultato: le previsioni di crescita dei due marketplace di P2P lending si sono rivelate troppo alte.
Le analogie tuttavia finiscono qui: Prosper ha reagito in una maniera sana, cercando di ridurre i costi invece di ribaltarli sui clienti.
Magari lo facessero anche le banche quando si trovano in difficoltà, invece di intensificare la vendita di prodotti redditizi (per la banca) e rischiosi (per la clientela), come le carte revolving o le obbligazioni subordinate .
LendingClub invece ha cercato una scorciatoia poco etica, diminuendo la trasparenza nella relazione investitori-richiedenti proprio in un momento in cui sarebbe stato necessario aumentarla. Tuttavia va riconosciuto che, una volta che il problema è emerso, la società ha agito con tempestività e decisione. Licenziare il fondatore non è una decisione che si prenda alla leggera ma LendingClub non ha avuto esitazioni.
Veniamo alla domanda più interessante, quella che viene posta con insistenza sui giornali finanziari in queste settimane: quali saranno le conseguenze per il prestito tra privati come modello di business?
Noi pensiamo che queste siano solo difficoltà di percorso e che il modello del prestito tra privati sia superiore a quello della banca tradizionale, come abbiamo spiegato qui.
Proviamo a pensare per un attimo a cosa sarebbe successo in una banca in una situazione analoga (per quanto poco probabile; le banche ci hanno abituato a non comunicare con questa trasparenza i loro problemi interni):
Guardiamo invece cosa sta succedendo agli investitori di LendingClub: assolutamente nulla. Infatti:
Il problema sembra quindi confinato alla governance dell’azienda e per alcuni analisti questo è anzi il momento per comprare le azioni della società (è di oggi la notizia dell’acquisizione da parte di Shanda Group), che a causa dei recenti avvenimenti hanno ovviamente perso molto valore.
La maggior parte dei settori innovativi passa attraverso fasi di crescita limitata che mettono in difficoltà temporanea gli operatori. Sul tema consigliamo un bellissimo libro sulle difficoltà di lanciare nei primi anni 2000 una start up nel mondo del cloud computing, un settore oggi di enorme successo ma che ha impiegato tempo a imporsi.
Se mai, quel che è successo contiene parecchie lezioni che senza dubbio tutti i marketplace di P2P Lending stanno già studiando.
La stessa scelta di quotarsi in Borsa può aver contribuito a creare problemi. Forse è una coincidenza, ma impressiona il fatto che gli unici due incidenti di governance siano avvenuti in due tra i pochissimi operatori di prestito tra privati che si sono quotati, LendingClub e Trustbuddy.
Chiunque abbia lavorato in una società quotata conosce la rigidità degli obiettivi di crescita che vengono comunicati agli investitori. Non rispettarli può avere pesanti conseguenze sul team manageriale e quindi in certi casi la pressione rende appetibile qualsiasi scorciatoia per arrivare ai risultati, anche se non è etica o addirittura non è legale.
Questa pressione può forse funzionare in un’azienda affermata all’interno di un mercato stabile, ma è deleterio in un contesto di grande incertezza come quello in cui si muove una start up, anche se molto affermata come LendingClub.
In un contesto di questo tipo quel che conta è focalizzarsi sull’apprendimento di cosa vuole davvero il cliente invece che sulla crescita rapida dei ricavi. È il metodo che seguiamo in Soisy: un piano di lavoro flessibile che ha l’obiettivo di farci capire nel minor tempo possibile cosa cercano i clienti e un modello di crescita sostenibile che passa attraverso l’allargamento progressivo della piattaforma a segmenti sempre più vasti di clientela.
Anche noi abbiamo obiettivi di crescita, ma abbiamo anche condiviso con i nostri azionisti che si tratta di un metro per valutare il progresso dell’apprendimento da parte dell’azienda e non di traguardi da perseguire ad ogni costo.
È questa condivisione la migliore garanzia che certi eventi non accadranno mai.
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buongiorno vorrei sapere perché per chi presta, l’investitore per intenderci, una quota del capitale+ interessi vengono liquidati mensilmente; non é possibile lasciarli lì? oppure tornano disponibili per finanziare un nuovo richiedente prestito?
Il bilancio della Soisy é pubblicato sul sito? Esiste un rating assegnato da Banca d’Italia alla performance della Soisy e/o l’attuale indice di solidità?
Grazie
Buon pomeriggio Pico,
gli investitori ricevono mensilmente capitale e interessi sulla nostra piattaforma e poi sta a loro decidere cosa farne: possono trasferirli dal loro conto di pagamento Soisy a quello della loro banca se hanno bisogno di liquidità, oppure possono trattenerli nella nostra piattaforma e reinvestirli su nuove richieste di prestito. Tra le attività inserite nella pipeline degli sviluppi futuri lato IT della nostra piattaforma di prestiti tra privati abbiamo anche la feature del reinvestimento automatico (ovviamente a discrezione dell’investitore): se tu fossi un nostro investitore, pensi che potrebbe interessarti?
Per quanto riguarda invece il primo bilancio Soisy, lo abbiamo chiuso al 31/12/2015 ed è pubblico sul registro delle imprese. Lo abbiamo anche pubblicato sul nostro sito nella sezione Governance, qui: https://www.soisy.it/governance/ (verso la fine della pagina).
Banca d’Italia, invece, non emette rating o scoring sulla solidità delle istituzioni finanziarie. Quello che possiamo dirti, però, è che abbiamo deciso di farci autorizzare e sottoporre a vigilanza proprio da Banca d’Italia in qualità di istituto di pagamento, proprio per una maggiore garanzia nei confronti dei nostri clienti.
Per quanto riguarda la solidità, come ogni istituzione finanziaria calcoliamo un indice di solidità definito da Banca d’italia, il CET 1 capital ratio, che da bilancio 2015 è pari a 875%. Come noterai è molto più alto dei valori che ha tipicamente una banca e questo dipende proprio dal fatto che Soisy non è una banca e non assume direttamente il rischio di credito. È una dimostrazione pratica di quello che diciamo nel post sulla distribuzione dei rischi (al punto 1).
Se avessi bisogno di ulteriori informazioni scrivici qui o a info@soisy.it, altrimenti puoi contattare Carlo del nostro customer care al +39 02 4003 0804: sarà molto felice di darti ulteriori informazioni.
Grazie a te e buona serata 🙂