Tasse sul P2P lending: le novità del 2020 e perché con Soisy paghi solo il 26%

A giugno e a settembre 2020 sono usciti due importanti interpelli (n. 168 e 169) e la risoluzione n. 56/E dell’Agenzia delle Entrate sul trattamento fiscale del prestito tra privati.

In questo post vogliamo fare chiarezza sul contenuto degli interpelli e su cosa cambia d’ora in poi per le imposte di chi investe nei prestiti tra privati.

Scegliere di investire su una piattaforma gestita da un intermediario finanziario iscritto all’albo o un istituto di pagamento non solo è una garanzia di serenità per l’investitore grazie alla vigilanza di Banca d’Italia, ma consente un significativo risparmio fiscale, grazie alla tassazione unica alla fonte del 26% sugli interessi percepiti da social lending.

Prima degli interpelli di giugno 2020 la pratica comune era di dividere le piattaforme in due tipi:

  1. Piattaforme italiane di P2P lending.
    In questo caso gli interessi ricevuti erano al netto della tassazione al 26% e le società italiane di P2P lending agivano come sostituto d’imposta nei limiti e nelle possibilità definite all’articolo 1, comma 43 e 44, della legge di bilancio 2018.
  2. Piattaforme estere di P2P lending.
    In questo caso gli interessi ricevuti erano lordi e “concorrevano alla formazione del reddito complessivo da assoggettare all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)”. Questo significava che il prestatore avrebbe avuto un’aliquota di tassazione su questi interessi determinata dall’imposta sul suo reddito come persona fisica; tassazione che poteva oscillare tra il 23% ed il 43% a seconda del proprio reddito.

Tuttavia, tale classificazione era infondata, in quanto l’articolo 1, comma 43 e 44, della legge di bilancio 2018 non differenzia  società italiana o estera, ma stabilisce che, per poter operare la ritenuta alla fonte del 26%, il gestore della piattaforma necessariamente “deve essere un intermediario finanziario iscritto all’albo o un istituto di pagamento ai sensi della normativa prevista, rispettivamente, dagli articoli 106 e 114 del TUB, autorizzato dalla Banca d’Italia.

Tasse sul P2P lending: gli interpelli e la risoluzione

Tale affermazione viene non solo confermata direttamente dall’interpello n. 168 di giugno 2020, ma anche indirettamente e con maggior forza dall’interpello n. 169 di giugno 2020, dall’interpello n. 956-1149 del 2019 e dalla risoluzione n. 56/E di settembre 2020.

Tutto questo ci porta, a nostro parere, a stabilire definitivamente questa affermazione come una regola, salvo interventi successivi da parte del legislatore.

Le conseguenza per i prestatori, per il mercato e su come comportarsi in sede di dichiarazione dei redditi non sono di poco conto. 

D’ora in poi il prestatore italiano dovrà tenere a mente questa distinzione:

  1. Piattaforma vigilate dalla Banca d’Italia, iscritte negli albi degli intermediari finanziari o degli istituti di pagamento (per capire se presente nell’albo andate qui sul sito di Banca d’Italia, cliccate su intemediari/albi (in alto a sinistra) e inserite il nome della società della piattaforma): in questi casi la tassazione sarà uguale per tutti, con ritenuta fissa al 26% a titolo definitivo operata dal gestore che agisce da sostituto d’imposta. In pratica l’investitore può non preoccuparsi di niente e va tutto nel computo della dichiarazione in automatico senza che lui o il commercialista per lui debba far nulla.
  2. Se invece la piattaforma non rientra nelle categoria definita al punto 1 la tassazione sarà marginale (per il 2020 con un tasso fino al 43%) in quanto i redditi concorreranno alla formazione del reddito complessivo. Inoltre, sono stabiliti altri e ulteriori oneri indicati dagli interpelli n. 169 del 2020, n. 956-1149 del 2019 e dalla risoluzione n. 56/E del 2020.

Tasse sul P2P lending: questa differenza di tassazione è giusta?

Soisy è iscritta all’albo degli Istituti di Pagamento, quindi è ovvio che la nostra risposta a questa domanda è in qualche modo influenzata dalla nostra posizione.

Ci sembra però giusto osservare che, sebbene essere vigilati dalla Banca d’Italia sia un onere molto impegnativo, pensiamo che l’azione di vigilanza di Banca d’Italia sulle piattaforme di P2P lending possa portare vantaggi a tutto il mercato, perché riduce il rischio per gli investitori.

In ogni caso, anche a prescindere dalla nostra posizione, pensiamo che l’informazione fornita agli investitori debba sempre essere corretta e invitiamo quindi gli investitori a diffidare dalle piattaforme che non si sono adeguate all’interpello e che non si adegueranno alla risoluzione.

Tasse sul P2P lending: come impattano queste differenze interpretative sui tuoi investimenti?

Ad alcuni, questi discorsi potrebbero sembrare dei “tecnicismi giuridici”, ma tale interpretazione della normativa, confermata dagli interpelli e dalla risoluzione, ha delle conseguenze concrete sui rendimenti degli investimenti.

Scegliere di investire su piattaforme iscritte negli albi degli intermediari finanziari o degli istituti di pagamento (per capire se presente nell’albo andate qui sul sito di Banca d’Italia, cliccate su intemediari/albi (in alto a sinistra)), implica una tassazione semplificata (le piattaforme fanno da sostituto di imposta), con ritenuta fissa al 26%; per tutte le piattaforme non incluse in queste categorie, la tassazione varia tra il 23% e il 43%, con obbligo di inserimento in dichiarazione dei redditi (e relative spese/energie con commercialista e trafile burocratiche del caso). 

Significa che per pochi la tassazione è inferiore (23%, per redditi imponibili fino a 15.000€), mentre per tutti quelli che hanno reddito imponibile > di 15.000€ la tassazione varia dal 27 al 43%, che nell’ipotesi estrema significa versare quasi la metà dei propri rendimenti in tasse: un impatto non da poco sul netto percepito in ultima istanza da parte dell’investitore.

La situazione varia quindi moltissimo da investitore a investitore e a seconda dei propri redditi.

La domanda da porsi -affatto oziosa- è quindi se la piattaforma di P2P lending in cui voglio investire è iscritta o meno negli albi degli intermediari finanziari o degli istituti di pagamento (per capire se presente nell’albo andate qui sul sito di Banca d’Italia, cliccate su intemediari/albi (in alto a sinistra)).

In caso negativo il rendimento lordo potrebbe essere decurtato fino al 43% (oltre le spere per gli ulteriore oneri e le eventuali spese di commercialista, CAF etc per poter gestire la rendicontazione).

A buon investitore, poche parole 😉

Documento aggiornato al 28 settembre 2020

Metodologia di scrittura: per rendere il discorso più fluido e comprensibile ad un pubblico non tecnico sono stati semplificati alcuni passaggi o adempimenti. Anche per questo motivo, questo articolo non può sostituire una consulenza svolta da professionisti fiscali.

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